Uno studio congiunto di Packlink e Retail Economics mostra che il tasso dei resi degli acquisti online può spesso raggiungere il 30%, rispetto a meno del 10% in negozio.
Secondo la ricerca, intitolata “Report sulle spedizioni e-commerce 2023”, negli ultimi anni i resi online gratuiti sono diventati un’aspettativa dei consumatori e uno standard del settore, tuttavia rischiano di rappresentare una proposta molto meno comune, poiché i rivenditori cercano di recuperare i costi associati. I tassi dei resi sono infatti aumentati a causa del passaggio all’online e al peggioramento del contesto economico.
Sebbene i resi gratuiti possano essere sfruttati per incentivare le vendite online, consentono anche ai consumatori di considerare gli acquisti come una prova, piuttosto che come acquisti definitivi. Il cosiddetto “bracketing” (ordinare più varianti dello stesso articolo) è diventata una pratica comune, in particolare per l’abbigliamento. I resi, però, sono più costosi e complessi da gestire rispetto alla logistica in uscita, in quanto comportano una problematica reintegrazione dei prodotti nella catena di fornitura, la valutazione delle condizioni di rivendita e l’elaborazione dei rimborsi. La gestione di un reso online costa in media ai rivenditori circa un quinto del valore dell’ordine originale, intaccando i margini già messi a dura prova dall’aumento dei costi di manodopera, logistica e altri costi operativi.
Per far fronte a questa situazione, moltissimi rivenditori hanno già iniziato ad aggiungere supplementi ai resi online in alcuni mercati per compensare i costi e scoraggiare i “restitutori seriali”, mentre altri sono pronti a seguirne l’esempio.
Prevedibilmente, davanti alle commissioni sui resi, molti clienti storcono il naso. Più di tre quarti (76%) degli acquirenti intervistati ritiene infatti che i resi dovrebbero essere sempre gratuiti, anche se le generazioni più giovani sono favorevoli a pagarli: il 39% della Gen Z afferma che prenderebbe in considerazione questa possibilità, rispetto a solo il 22% dei Boomer. Spesso visti come “restituzionisti compulsivi”, questa generazione attenta all’ambiente forse sente una maggiore responsabilità personale nel pagare la propria parte. I rivenditori devono quindi trovare un attento equilibrio con le spese di reso: devono scoraggiare i resi eccessivi senza però mettere a repentaglio le vendite o perdere clienti a favore della concorrenza.
Strettamente legata al tema dei resi è la questione delle spedizioni. Sebbene tre quarti dei commercianti riconoscano l’importanza della sostenibilità e della riduzione dell’impatto ambientale delle consegne, meno di un quinto (18%) lo considera un obiettivo strategico chiave per la propria attività. Dal canto degli acquirenti, i più sensibili al prezzo sono in gran parte favorevoli ad accettare tempi di consegna più lunghi (38%) e passare al ritiro “fuori casa” (34%), piuttosto che pagare un extra per compensare le emissioni (dove solo il 7% lo prenderebbe in considerazione).
A questo proposito, oltre un terzo (34%) dei consumatori passerebbe volentieri alla “spedizione a un punto di ritiro” o al servizio “clicca e ritira” per i propri ordini online, rispetto al 25% del Benchmark Report dello scorso anno. Oltre a fornire un’alternativa conveniente e spesso gratuita alla consegna a domicilio, la consegna di più ordini online in un solo luogo “fuori casa” è anche più rispettoso dell’ambiente, poichè riducendo il numero di consegne si riducono di gran lunga anche le emissioni. Un passo fondamentale verso un ultimo miglio più ecologico.