Technoretail - Università IULM e Retail Institute Italy presentano la prima indagine sulla forza lavoro del retail non food
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Università IULM e Retail Institute Italy presentano la prima indagine sulla forza lavoro del retail non food

L’Osservatorio di Retail Brand Communication dell’Università IULM, in collaborazione con Retail Institute Italy, ha presentato il Retail Workforce Barometer, la prima indagine che fotografa la forza lavoro nel retail non food condotta a cavallo tra il 2021 e il 2022, con 1.751 interviste a lavoratori del settore retail che operano nell’abbigliamento, nell’elettronica, nell’arredamento, nella profumeria e nel settore farmaceutico.



Dall’indagine è emerso innanzitutto che il 78,1% degli operatori del retail non food è composto da donne, e che il retail si conferma un settore di impiego che accoglie i più giovani, con il 48,3% del campione che ha un’età inferiore ai 35 anni.

Il 57,6% degli intervistati lavora a tempo pieno, mentre il part-time con più di 20 ore si attesta a una frequenza del 33,6%. Il 77,8% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato, e il 44,1% dei lavoratori ha più di 10 anni di esperienza. La proporzione di store manager rispetto agli assistenti di vendita è mediamente di 1:2.

Non solo. L’indagine ha anche consentito di evidenziare che le donne denotano punteggi superiori su tutti i fattori antecedenti e sui KPI, dato che probabilmente spiega la prevalenza di donne nel campione, più efficienti ed efficaci nel gestire l’interazione con il cliente. L’età dei lavoratori, ma anche gli anni di esperienza nel retail, incidono positivamente sulla qualità del lavoro svolto nel punto vendita, mentre il lavoro part-time, in particolare quando è superiore a 20 ore settimanali, ha effetti negativi sulla qualità del lavoro e sulle performance lavorative. La tipologia di contratto a tempo determinato, difatti, ha effetti leggermente negativi sulla qualità del lavoro rispetto al lavoro a tempo indeterminato

Gli store manager hanno punteggi nettamente più alti rispetto agli assistenti di vendita su tutte le variabili rilevate. La crescita professionale nel retail ha quindi un effetto positivo, in particolare sulle variabili organizzative, motivazione e Job Satisfaction; da considerarsi proxy della qualità del lavoro e del benessere aziendale.

I risultati evidenziati delle analisi producono infine anche ulteriori spunti di riflessione, a partire dal fatto che la performance del servizio offerto nel retail dipende in parte dal rapporto che il dipendente instaura con il cliente e in parte dalla Job Satisfaction. Il rapporto con il cliente è sostenuto dal fattore umano più che dalla tecnologia. Il fattore umano si conferma centrale nelle relazioni con la clientela nel retail non food. La tecnologia è, per contro, un facilitatore che si innesta su competenze di relazione.

Il fattore tecnologico, e in particolare la gestione dei canali in ottica omnichannel, potrebbe supportare il lavoro degli addetti alle vendite in modo più sostanziale, pertanto presenta dei margini di miglioramento. In più, il servizio al cliente potrebbe beneficiare di un maggior supporto organizzativo, che in generale si estrinseca in attività di relazione con il personale, comunicazione interna e formazione.

La motivazione dei lavoratori dipende in maniera importante dai fattori organizzativi, ed ha un’incidenza molto alta sulla Job Satisfaction, quindi sulla qualità del lavoro percepita e sul benessere aziendale, oltre che sulla produttività.

La Job Satisfaction è inoltre allineata alla media delle variabili, tuttavia è inferiore agli altri KPI, per cui i dipendenti sentono di ricevere dall’azienda meno rispetto a quanto producono per il cliente, con conseguenze potenzialmente negative.

"Qualità del lavoro e wellbeing aziendale – ha dichiarato il professor Francesco Massara, docente di Marketing all’Università IULM e Coordinatore dell’Osservatorio Retail Brand Communication – acquistano oggi particolare rilevanza sotto la spinta dei criteri ESG, e forse di più, per far fronte alla crisi di talenti che preoccupa il retail. A pensarci bene, però, questi fattori sono da sempre una leva di competitività tanto importante quanto latente, che cioè solo in pochi hanno finora compreso e abilitato. Come di recente dimostrato da Gallup, l'attenzione alle persone vale fino a quattro volte l'investimento effettuato. Il nostro barometro gli fa eco, mostrando che l'impegno messo in campo per migliorare la qualità del contributo del fattore umano, in particolare attraverso le leve della formazione e dell'engagement, ha un impatto diretto e significativo sulla performance e quindi sulla redditività aziendale".

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“Il Retail rappresenta il primo settore economico nel nostro Paese, per fatturato, occupati, numero di imprese, investimenti. Favorisce l’occupazione giovanile, femminile e a tempo indeterminato e, negli ultimi anni, abbiamo avuto modo di osservare lo sviluppo di nuove professioni legate alla Digital Innovation insieme all’evoluzione dei mestieri tradizionali, supportati dal crescente uso della tecnologia. - Ha proseguito Alberto Miraglia, General Manager di Retail Institute Italy - Abbiamo supportato con piacere l’indagine che, in linea con la mission dell’Associazione di promuovere la cultura e lo sviluppo del settore, si è delineata come uno strumento in grado di fornire indicazioni utili ad orientare l’impegno costante delle aziende nell’acquisire, gestire, formare, valorizzare le risorse, mettere in campo strategie e iniziative efficaci per trattenere i talenti e farne i primi ambassador”.

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