Dalla recente ricerca realizzata dall’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, emerge che, durante il 2020, l’e-commerce ha arginato la flessione dell’export Made in Italy.
Nel dettaglio, l’e-commerce e il digitale hanno svolto un ruolo sostanziale nel contenimento del crollo degli scambi commerciali tradizionali che, nel nostro Paese e a causa dell’emergenza pandemica, sono calati di circa il -10%. Inoltre, il digital export ha sostenuto le aziende italiane sia nella gestione degli accresciuti rischi di internazionalizzazione che nella ripartenza.
L’anno scorso, l’export digitale tricolore di beni di consumo ha raggiunto un valore pari a 13,5 miliardi di euro, sia riportando una crescita del +14% e in linea con l’andamento precedente alla pandemia che registrando un’incidenza del 9% sull’export complessivo di beni di consumo (nel 2019, pari al 7%) e del 3% sulle esportazioni totali (nel 2019, 2,5%). Malgrado il calo del -9% rispetto al 2019, quello del fashion si è confermato ancora il settore più importante, con un valore di 7,1 miliardi di euro, pari al 53% delle esportazioni digitali di beni di consumo e al 16,5% di quelle on line di settore.
A seguire è stato il food, l’unico settore “agevolato” dall’emergenza sanitaria con una crescita del +46% e un valore di 1,9 miliardi di euro, pari al 14% dell’export digitale e al 4% di quello alimentare. Il terzo comparto è stato l’arredamento, con un valore attestato a 1,1 miliardi di euro, con quasi l’8% delle esportazioni on line e il 12% di quelle di mobili. Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri settori evidenziano un valore pari, complessivamente, al 25% dell’export digitale B-to-C, ma, singolarmente, caratterizzati da un peso marginale.
L’emergenza pandemica ha impresso una netta spinta alle esportazioni on line, quindi, ma permangono ancora ampi margini di crescita in ambito e-commerce per le aziende italiane: il 56% di esse usa i canali digitali per vendere prodotti all’estero, soprattutto, in Germania (34,7%), Francia (26,8%), Regno Unito (26%), USA (25,4%), Spagna (18%), Cina (11,4%) e il 62% di lo fa in più di un mercato, ma quasi il 75% esporta on line prodotti per una quota inferiore al 20% del rispettivo fatturato.
Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio Export Digitale, ha così commentato: “Nonostante il peso dell’e-commerce italiano nel panorama globale sia ancora contenuto, il digitale ha rappresentato un traino per il nostro export nell’ultimo anno, compensando il calo degli scambi attraverso i canali tradizionali. Per sfruttare l’accelerazione impressa dalla pandemia e migliorare le performance di internazionalizzazione delle nostre imprese, occorre, però, una sapiente integrazione del digitale nelle modalità di export tradizionali, anche quando l’emergenza sarà superata”.
Poi, Mangiaracina ha sottolineato: “Il digitale sta diventando sempre di più un’opportunità abbordabile anche per aziende meno strutturate e con meno risorse. Non è un’opportunità a costo zero, perché servono investimenti e competenze, ma il costo di non coglierla è rischiare di essere tagliati fuori dal mercato”.