Anno 2018
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Fatturazione elettronica tra digitalizzazione e aspetti ancora da chiarire
Il nuovo obbligo di fatturazione elettronica, introdotto dalla Legge di Bilancio 2018, che entrerà in vigore dal prossimo Gennaio 2019, riguarderà sia le cessioni di beni che le prestazioni di servizi effettuate tra operatori IVA residenti in Italia o stabiliti in Italia (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia le cessioni/prestazioni effettuate dagli stessi operatori IVA verso i consumatori finali (operazioni B2C, cioè Business to Consumer).
È bene, innanzitutto, precisare che nei Paesi Europei non esiste nessun obbligo di fatturazione elettronica se non un obbligo limitato, come esiste già in Italia, nei confronti della Pubblica Amministrazione. L’introduzione della fatturazione elettronica a livello europeo è considerata opzionale. Pertanto, nei Paesi europei maggiormente sviluppati, oggi, parliamo di un obbligo che si aggira intorno al 2%-5% del totale delle fatture emesse e che riguardano, appunto, gli appalti pubblici. Eppure, in Italia, da più parti, si è nella convinzione che ci stiamo adeguando all’Europa e che la fatturazione elettronica sia un tassello di quella che viene definita “modernizzazione e digitalizzazione del Paese” sulla scia degli altri Paesi più evoluti. Purtroppo, non è così. La diffusione della fatturazione elettronica nel mondo è strettamente legata alla lotta all’evasione fiscale e i Paesi che l’hanno introdotta sono quelli che presentano un maggiore tasso di evasione e, in Europa, l’unico Paese che al momento l’ha introdotta è il Portogallo, poi, sarà la volta dell’Italia. Gli altri casi di introduzione della fatturazione elettronica li troviamo soltanto nei Paesi Sudamericani.
Con l’introduzione della fatturazione elettronica, mero strumento per la lotta all’evasione fiscale, lo Stato Italiano potrà conoscere in tempo reale tutte le operazioni commerciali effettuate dagli operatori economici IVA e, quindi, potrà conseguentemente monitorare le dinamiche IVA e le conseguenti dinamiche reddituali. Di seguito, verranno elencate le ragioni che evidenziano alcuni aspetti da chiarire in merito all’introduzione della fatturazione elettronica in Italia e il grave rischio per il nostro Made in Italy. Le associazioni nazionali dei maggiori produttori di software hanno sottoscritto dei protocolli d’intesa al fine di definire un software comune integrato per rendere maggiormente agevole lo scambio dei dati relativi alla fatturazione elettronica tra aziende (per esempio, nel sito di una di queste associazioni nazionali, tra le più importanti, si legge: “L’idea portante dello Standard ……. è la definizione di una serie di informazioni aggiuntive, rispetto a quelle già presenti nel tracciato Fattura Elettronica B2B dell’Agenzia delle Entrate, da inserire nel corpo della fattura quale arricchimento del contenuto base. Queste informazioni fanno riferimento alle tabelle condivise tra tutte le case software house per garantire la perfetta integrazione dei dati all’interno dei sistemi gestionali. In questo modo potrà essere automatizzata la registrazione della fattura di acquisto ai fini gestionali, contabili e IVA”).
Molte case software, aderenti a tali suddetti protocolli, negli ultimi mesi, hanno ceduto software alle aziende italiane promuovendo anche velatamente una politica di marketing contraria all’utilizzo del software gratuito messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, perché non in grado di garantire l’integrazione (importazione) delle fatture nei gestionali contabili aziendali. Anche alcuni Istituti di Credito e, ultimamente, anche Aruba stanno promuovendo l’offerta di servizi di fatturazione elettronica per gli operatori economici.
Tale nutrito business pone in realtà in capo alle imprese il rischio di diffusione illecita di informazioni commerciali/industriali che potrebbero varcare anche i nostri confini nazionali e il nostro sistema produttivo potrebbe essere interamente controllato da soggetti terzi, non solo dallo Stato.
La fatturazione elettronica viola il D.Lgs. 11/05/2018, n. 63, con il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE 2016/943 sulla protezione del Know-How e della tutela dei segreti commerciali. L’art. 98 del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 sulla proprietà industriale è stato modificato dall’art. 3 del D.Lgs. 63/2018, che ha ridefinito la natura dei segreti commerciali e ha individuato tutte quelle informazioni aziendali (industriali e commerciali) oggetto di tutela. La violazione è contenuta nell’art. 6 che ha modificato l’art. 124 del citato D.Lgs. 30/2005 introducendo l’art. 6-bis che va a definire le tipologie di rilevazioni illecite dei segreti commerciali. Alla lettera a) del suddetto articolo, si fa riferimento al valore e alle caratteristiche specifiche dei segreti commerciali, dove per valore si può far riferimento al listino prezzi praticato da un’azienda, laddove il listino venga comunicato a terze parti che lo possono utilizzare per ottenere vantaggi in termini di concorrenza (abbassare i prezzi), ma anche comunicare il dettaglio dei clienti (proporre gli stessi articoli agli stessi clienti forniti da terze parti illecitamente attraverso, appunto, le varie case software che gestiranno la fatturazione elettronica).
Fornire illecitamente la tipologia dei prodotti venduti, la componentistica di un bene composto come un macchinario, tempi di montaggio dello stesso (esperienze tecnico-industriali), etc., tutte informazioni che liberamente saranno accessibili a terze parti grazie alla fatturazione elettronica. Infatti, nei contratti stipulati dalle aziende, in molti casi, meri moduli d’ordine con rimandi alle condizioni contrattuali presenti sui siti Internet delle stesse case software, non sono state rinvenute clausole a salvaguardia in tal senso se non meri richiami al Regolamento UE 2016/679 sulla Privacy riguardante i dati sensibili delle persone fisiche che nulla hanno a che vedere con gli effettivi dati da tutelare.
All’art. 7 del citato D.Lgs. 63/2018 si legge altresì che il giudice, in caso di procedimenti per rilevazioni illecite, deve tenere conto di una serie di circostanze e l’impresa danneggiata deve dimostrare di avere posto in atto tutte le misure idonee a garantire la sicurezza dei dati e/o segreti commerciali, facendo sicuramente sottoscrivere contratti, misure, tuttavia, che saranno messe a rischio dalla fatturazione elettronica in quanto il flusso elettronico dei dati dalle imprese allo Stato attraverso le case software, le banche, sistemi come Aruba, che, oggi, offrono lo stesso servizio, non sarà garanzia di tutela dei dati delle imprese italiane (informazioni commerciali/industriali che rigorosamente vanno tutelate).
Solo il giudice ordinario può stabilire se ci sia stata violazione e quindi diffusione illecita di informazioni commerciali/industriali, ma sappiamo quanto è difficile provare che certi reati siano stati commessi, soprattutto, attraverso la rete Internet. In molte condizioni contrattuali delle maggiori case software rinvenibili sui siti delle stesse, si legge anche che la gestione del servizio può essere anche appaltata a terze parti (esempio di clausola rinvenuta su un contratto di una delle maggiori case software italiane “il cliente autorizza il fornitore e produttore a subappaltare e/o sub affittare a terzi, in tutto o in parte, l’esecuzione delle attività previste dal presente contratto, fermo restando che le attività svolte dal cliente sono da intendersi come realizzate dal produttore, rimanendo il fornitore/produttore l’unico interlocutore con il cliente per le attività subappaltate o subaffittate”).
Peraltro, anche l’Agenzia delle Entrate non gestisce direttamente il servizio di fatturazione elettronica essendo lo stesso appaltato a terze parti. Oggi, l’unica possibilità che hanno le aziende italiane è quella di fornire il minor numero di informazioni possibili ai loro provider che gestiranno la fatturazione elettronica (invio/ricevimento fatture trasmesse attraverso il SDI). Tuttavia, più il dato sarà sintetico e più il fisco italiano riceverà informazioni di nessuna utilità per promuovere la lotta all’evasione fiscale: molti dati potrebbero risultare incomprensibili e saranno anche disaggregati. Inoltre, l’innalzamento della soglia di accesso ai regimi fiscali di favore, per i quali non vi sarà obbligo della fatturazione elettronica, porterà molti contribuenti a dichiarare un volume di affari 2018 sotto i 65mila euro e a fare di tutto per rimanere sotto tale soglia negli anni a venire.
Quindi, in Italia, l’introduzione della fatturazione elettronica, così impostata, metterà a rischio il nostro sistema produttivo in evidente violazione del D.Lgs. 11/05/2018, n. 63, con il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE 2016/943 (protezione del know-how e tutela dei segreti commerciali) e porterà l’intero sistema produttivo sotto il controllo di terze parti. E quest’ultimo aspetto è ancora più grave della violazione del Regolamento UE 2016/679 (protezione dei dati personali), come recentemente evidenziato dal Garante della Privacy.
Dr.ssa Doriana Sannipola
Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili della Provincia di Perugia