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La Digital Transformation secondo Marco Bonini di Retex

Anche nel mondo aziendale italiano, la Digital Transformation procede sempre più a vele spiegate, apportando sia innovazione nei processi interni che valore aggiunto nell’ambito della shopping experience. 

Di fatto, la digitalizzazione assume un ruolo culturale e, allo stesso tempo, valoriale per tutti i comparti economici. Ma, quando parliamo di Digital Transformation di un’azienda, a cosa ci riferiamo?

Ne parliamo con Marco Bonini, Associate Partner di Retex e manager con comprovata esperienza nel retail, food e non food, maturata presso aziende di primo piano e in diversi ruoli, dagli acquisti allo sviluppo di negozi specialistici, fino alla guida del canale Cash & Carry di uno dei maggiori operatori nazionali.

“Sarebbe troppo banale pensare di attivare un e-commerce e aver smarcato l’argomento: il processo di Digital Transformation di un’azienda è molto di più. Da un lato, si tratta di digitalizzare tutti i processi che richiedono lavoro umano ripetitivo e non estremamente qualificato, così da poter abbattere costi non qualificanti il business. Soprattutto, la Digital Transformation è la capacità di mettere a punto un modello di azienda che trova nella raccolta, nell’analisi e nell’utilizzo dei dati il vero valore differenziante nei processi decisionali e l’opportunità di alzare il livello dell’experience di acquisto per il cliente”.

A suo avviso, in un momento particolare come quello attuale, tutto ciò come è declinabile nelle aziende?

“Possiamo collegare la Digital Trasformation alle necessarie attività che dovranno essere messe in pratica dalle aziende per uscire positivamente da questo momento di lockdown, che ricordiamo essere le seguenti: ripensare la value propositon, verificando che essa sia sempre aggiornata ai mutamenti del mercato e del cliente post lockdown, ripensare la rete in chiave omnichannel, ridurre la complessità, aprirsi agli ecosistemi di business, innovare il lavoro e i suoi processi, sfruttare tutte le opportunità di crescita del mercato con una politica di espansione e di attacco”.

Tali attività cosa comportano, in concreto?

“Queste attività ci obbligheranno a rimettere in discussione i quattro cardini del nostro mestiere, permettendoci di aprirci a nuovi scenari, nello specifico: cliente, prodotto, negozio (intenso come luogo fisico o virtuale nel quale si svolge l’experience di acquisto) e tecnologia. Il cliente è maturato, ha acquisito una maggiore coscienza del suo modo di acquistare e dei suoi riferimenti, si muove con agilità e libertà fra diversi player in funzione delle proprie necessità e del momento: starà, quindi, al player definire in quale segmento vuole giocare, per proporsi al cliente in modo deciso e chiaro. Se prendiamo, per esempio, il mondo della GDO-DO Food, possiamo affermare che i clienti si dividono in due macro-categorie: quelli attenti al prezzo e al risparmio, che trovano nel discount il proprio riferimento e gli altri, che trovano gratificazione e rassicurazione nei prodotti offerti dalla propria insegna di riferimento. Quando il driver di riferimento non è puramente economico, è importante conoscere bene il cliente, correlare i dati a lui riferiti, elaborare previsioni sul suo comportamento o per semplicità il comportamento del cluster a lui assegnato, rendendo più efficiente il marketing e le operation.

E sul versante del customer engagement?

L’engagement del cliente richiede un utilizzo più fine della comunicazione e del marketing: quindi, non è sufficiente impostare un volantino, il più delle volte ripetitivo nei prodotti e nelle tecniche promozionali utilizzate l’anno prima e l’anno prima ancora. Ecco che il discount potrà mantenere attiva la sua comunicazione con volantino a semina e le altre insegne potranno finalmente abbandonare il volantino tradizionale, elaborato, costruito e programmato in modo routinario a favore di iniziative più mirate ai loro reali clienti, individuando i bisogni e le attese attraverso i dati raccolti e analizzati, offrendo offerte personalizzate quando il cliente è realmente presente in negozio. Diminuiranno, così, le offerte a pioggia per focalizzarsi su promozioni per cliente o cluster, sprecando meno margine e rendendo più stabile la relazione grazie allo studio dei comportamenti”.

Ciò significa, quindi, razionalizzare le attività?

“Questo vuol dire che nelle insegne non discount si potrà far crescere la marca del distributore che, grazie alla fiducia riposta dal cliente nell’insegna, potrà acquisire un ruolo centrale a discapito di altri marchi nazionali che avranno difficoltà a trovare un ruolo all’interno del negozio, in quanto doppioni, spesso, utilizzati per reggere tagli prezzo e offerte speciali con prezzo a scaffale studiato all’evenienza. I retailer che giocano in questo segmento dovranno coinvolgere i fornitori del territorio che, diventando elemento di differenziazione fra le insegne, guadagnando visibilità e favorendo la crescita dell’economia locale, con un beneficio sul sociale, daranno spinta al consumo Made in Italy e all’economia circolare”.

Per quanto riguarda la variabile prezzo?

“In queste condizioni, il prezzo diventa una variabile con minore significato, grazie alla minore confrontabilità degli assortimenti e lo studio dei comportamenti dei clienti darà la possibilità di catturare i segnali deboli provenienti dal mercato, fisico e on line, quindi, dai competitor nello stesso segmento. Di conseguenza, si potrà aggiustare il tiro sul lineare o pressare con azioni mirate sul cliente. Questo approccio permetterà di avere negozi probabilmente più piccoli grazie alla gestione delle informazioni e alle minori necessità di stock in-store, fortemente connessi, sia con la supply chain che con i clienti, per dare informazioni sui prodotti e sulla filiera, sui servizi e sulle offerte a lui dedicate, sulla missione dell’insegna e sulle attività didattiche o informative in programma in-store o on line”.

Perché la Digital Transformation dello store va considerata una priorità?

“La Digital Transformation del negozio diventa necessaria in quanto il cliente diventa sempre più omnichannel e si orienta sull’insegna che sarà più congeniale alle sue necessità in quel momento, scegliendo di volta in volta i servizi e il posizionamento voluto. In questo scenario, il ruolo della tecnologia diventa determinante per effettuare la raccolta e l’analisi della più grande quantità di dati riferiti ai propri clienti, da usare in chiave strategica per assumere decisioni e dare orientamenti al business, per innovare i servizi, per attualizzare e sperimentare nuovi assortimenti sullo stimolo dei comportamenti dei clienti che ci frequentano o che hanno smesso o diradato la frequenza perché non più centrati sui loro bisogni. Parallelamente, andranno implementate in-store le tecnologie necessarie a migliorare l’experience e ad abilitare il nuovo rapporto con il cliente come beacon, self-scanning, mobile payment, App, Digital Signage, Wi-Fi intelligenti, etc. Far imboccare la strada della Digital Transformation a un’impresa è una decisione che non può essere ulteriormente procrastinata, ma avrà necessità di un piano ben strutturato che, partendo dalla messa a punto degli strumenti in back-office, consenta alle aziende di recuperare profitti da reinvestire in processi di innovazione continua”.

Parliamo delle difficoltà incontrate da alcune aziende sul versante della loro digitalizzazione…

“Le aziende più statiche faranno fatica ad avviare una Digital Trasformation, così come le aziende di piccole dimensioni, non native digitali, rischieranno di sparire, travolte da questa ondata di innovazione che le metterà ai margini del mercato diventando sempre meno importanti per un cliente che necessita di risposte chiare ai bisogni del momento. Queste aziende potranno diventare, così, terra di conquista per quei brand che avranno gestito meglio questa trasformazione, creando valore e, di conseguenza, disponibilità finanziaria per ampliare la copertura di territori a basso costo”.

Quali percorsi e opportunità, quindi?

“Una forte spinta alla creazione di ecosistemi di business potrebbe creare la premessa per una crescita di aziende con simili posizionamenti di mercato, su prodotti diversi che non generino concorrenza orizzontale. Anche questo ecosistema potrebbe essere identificato dallo studio e dall’analisi dei dati, con un reale vantaggio economico di investimento in tecnologia e la creazione di parchi commerciali virtuali che possano scambiare dati e tendenze fra di loro e diventare maggiormente attrattivi nei confronti del cliente, al quale si potrà rispondere con un ventaglio di opportunità più ampio e maggiormente personalizzato”.

Per concludere, qual è il primo step per trasformare l’azienda in senso digitale?

“Arrivati a questo punto, credo si sarà ampiamente compreso che aprire un e-commerce non vuole dire digitalizzare l’azienda. La Digital Transformation, in questo senso, dovrà essere fortemente sostenuta grazie a un disegno che orienti gli sforzi e gli investimenti nel tempo, in questa direzione e non potrà essere raggiunto senza la condivisione e la guida sicura di un CEO che sappia creare fiducia e visione nell’obiettivo finale”.

       
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