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Technoretail - Giorgio De Ponti di Epta: il futuro del retail, tra tradizione e innovazione
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Giorgio De Ponti di Epta: il futuro del retail, tra tradizione e innovazione

Il settore della GDO sta evolvendo più rapidamente che mai. L’ascesa del canale on line e di nuovi format ha dato origine a una profonda trasformazione delle strategie dei retailer.

Le insegne, per rispondere alle nuove abitudini dei consumatori, si stanno orientando sempre più verso un approccio omnicanale. Infatti, se, da un lato, la presenza on line è ormai imprescindibile, il negozio fisico continua a ricoprire un ruolo centrale, soprattutto per il segmento food e, in particolare, per le referenze dei freschi. Cambiano, però, le motivazioni che spingono i consumatori a visitare il negozio e si apre una fase di sperimentazione e di proposte innovative.

Ne parliamo con Giorgio De Ponti, Product Strategy Manager di EptaDocente di Industrial Design presso il Politecnico di Milano.

Come cambierà il rapporto tra il canale on line e tradizionale?

“Il legame tra canale on line e tradizionale sarà sempre più stretto. L’Osservatorio E-commerce B2C della School of Management del Politecnico di Milano, per esempio, dimostra che la penetrazione dell’on line sul totale degli acquisti retail in Italia è pari al 6,5%, percentuale che si riduce in media al 5% nel solo comparto prodotto (inteso come abbigliamento, arredamento e home living, automotive, beauty, editoria, Food&Grocery, giocattoli, informatica e elettronica, escludendo i servizi). Non si tratta, tuttavia, di una sfida, bensì di un’interdipendenza. Internet riveste, infatti, un ruolo cruciale nel percorso di orientamento: il cliente decide on line cosa e dove comprare, per poi recarsi a fare acquisti nei negozi fisici. Ovviamente, ci sono categorie di prodotti, come l’elettronica, dove domina lo shopping on line, altre, come i freschi, dove prevale lo shopping off line.”

Da cosa deriva questa scelta?

“In Italia, ancor più che in altre nazioni europee, i consumatori prediligono gli store per gli acquisti alimentari. Il motivo è semplice: nel nostro Paese, l’attenzione per l’alimentazione e per la qualità del cibo è molto radicata. Siamo nella culla della dieta mediterranea, vogliamo toccare con mano l’eccellenza degli ingredienti, fondamentali per la buona riuscita di ogni piatto. Questo si lega a due ulteriori tendenze in crescita negli ultimi anni: la maggiore richiesta di prodotti biologici e vegan, sia freschi che preparati, affiancata a una riscoperta delle ricette della tradizione che affondano le radici nel territorio”.

Quali sono i principali cambiamenti in atto nel settore retail?

“È interessante osservare come, negli ultimi anni, si stia assistendo a una frammentazione della spesa, in tipologie di store e momenti differenti, per rispondere all’evoluzione delle abitudini dei consumatori. Eccone un quadro sintetico:
- piccoli acquisti quotidiani, per esempio, al rientro dall’ufficio o in pausa pranzo. Cresce, in particolar modo, la quarta gamma, con frutta e verdura già lavata, confezionata e ready to eat, la quinta gamma, per esempio, con salad box e smoothies e i piatti di gastronomia.
- spesa settimanale nel week-end, che diventa un momento di piacere, alla ricerca di prodotti premium e, al contempo, di un’esperienza d’acquisto da vivere
- selezione di referenze legate a categorie specifiche, quali, per esempio, bio e vegan”.

E quali sono i formati che si stanno adattando meglio a questi cambiamenti?

“Per quanto riguarda i format più apprezzati, si osserva il rifiorire di negozi di vicinato riletti in chiave moderna, che, come indicato dal recente studio di Confcommercio Il negozio alimentare, sono scelti dal 55% degli italiani. I cosiddetti proximity sono la tipologia di store che ha saputo evolvere più rapidamente, rinnovandosi per conquistare ogni categoria di consumatore. In Italia, rispetto ai principali mercati EU, ci sono più imprese retail, ma di dimensioni più ridotte, si stimano 4,7 imprese per km quadrato, con un numero medio di dipendenti di 3 persone e un fatturato medio di 0,3 milioni di euro. La parola d’ordine è flessibilità. I nuovi ritmi rendono più complesso pianificare gli acquisti durante i classici orari di apertura degli store, tra il lavoro e i numerosi impegni quotidiani. A questa esigenza, si affiancano le nuove abitudini di una clientela più informata ed esigente, alla ricerca di prodotti di qualità e di filiera corta. Una serie di mutamenti che hanno permesso di rivalutare e ripensare i supermercati di quartiere. Questi store, spesso, vantano aperture h24/7 e, oltre ad essere più pratici, in quanto più vicini al domicilio, offrono una selezione particolarmente ampia di prodotti ideali per una clientela che predilige i pronti”.

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Come si legge nel recente Rapporto dell’Osservatorio del Politenico, il digitale è il nuovo abilitatore dell’importante trasformazione richiesta al retail, da uno spazio inteso in logica transazionale, orientato al prodotto, a uno spazio inteso in logica relazionale e, quindi, orientato al consumatore. Quali sono le direttrici su cui si stanno muovendo i retailer?

“Su oltre 100 progettualità analizzate in Italia, nel 2018, sono 4 i principali filoni individuati: introduzione e sviluppo di innovazioni digitali, integrazione omnicanale tra negozio e iniziative digitali, offerta di nuovi servizi correlati al business, ideazione e lancio di nuovi formati. Consideri che, tra la maggior parte di store del futuro mappati in Italia, oltre il 63% dei progetti è legato alla sperimentazione di soluzioni volte a promuovere l’approccio omnicanale, in particolare, integrando il modello del click & collect. Ma questo è solo l’inizio, la sfida di rendere l’esperienza in negozio ancora più interessante è ancora aperta”.

       
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