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Lo smart working rivoluziona i consumi delle famiglie italiane

Se lo smart working diventasse strutturale, avrebbe una ricaduta davvero importante sulle abitudini di consumo, che porterebbe le famiglie a spendere -9,8 miliardi di euro l’anno rispetto ai livelli pre-pandemia.

È questa una delle principali conclusioni emerse dal dossier ConfesercentiCambia il lavoro, cambiano le città”, incentrato sugli effetti dello smart working su imprese, famiglie e società.

Chi lavora da remoto spende infatti di più per la tecnologia per lavorare da casa; di meno per la cura della persona e per l’abbigliamento; e, inoltre, consuma un minor numero di pasti fuori, utilizza meno i trasporti e le attività ricettive ma allo stesso tempo aumenta la spesa per prodotti alimentari e utenze domestiche.

Technoretail - Lo smart working rivoluziona i consumi delle famiglie italiane

Con lo smart working, la grande parte della riduzione di spesa si concentrerebbe soprattutto nelle grandi città che hanno attività di terziario avanzato. Per questi centri si potrebbe assistere infatti a una flessione strutturale dei flussi di tipo lavorativo: sono proprio le città più densamente abitate ad avere più attività che possono essere svolte da remoto, mentre nelle città minori tale percentuale si attesta intorno al 20%. Complessivamente, in un regime di smart working strutturale, mediamente, circa 4,9 milioni di lavoratori al giorno non si sposterebbero più da casa. Di questi 1 milione che utilizzano un mezzo di trasporto pubblico.

Se poi da un lato la riduzione di personale in presenza può portare un sensibile risparmio per le imprese, dai costi sostenuti per l’acquisto e gli affitti dei locali a quelli del consumo di energia elettrica e gas, di trasporto e spostamento e tutto l’insieme dei costi indiretti, quantificati in circa 12,5 miliardi di euro l’anno, dall’altro si registrerebbero cali di fatturato, soprattutto per le imprese di turismo, ristorazione e trasporti, con una perdita netta per il sistema delle imprese di 8,2 miliardi di euro di fatturato. E con il rischio di chiusura di quasi 21mila attività e la perdita di oltre 93mila occupati, in particolare nei pubblici esercizi e nella ricettività.